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FAQ

In questa sezione ci sono risposte ad alcuni interrogativi che potrebbero sorgere quando si sta pensando di contattare uno psicologo o di intraprendere una terapia. Vediamone alcune.

Se decido di chiedere una consulenza, dopo, devo necessariamente iniziare una psicoterapia o posso prendere il tempo necessario per decidere?

La consulenza psicologica generalmente rappresenta il primo momento di incontro tra paziente e terapeuta in cui l’obbiettivo principale è conoscersi; il terapeuta, in particolare, cerca di comprendere i motivi che hanno portato la persona a chiedere il colloquio, tenendo anche conto del momento, nella sua storia di vita, in cui questo è avvenuto, e capire se, e come, può essere d’aiuto; il paziente, invece, nel primo colloquio, ha la possibilità di “sentire” se con quel particolare terapeuta si trova a proprio agio e desidera iniziare con lui un lavoro.
Essendo, quindi, la consulenza, una fase “delicata” e di primo incontro/contatto non è in alcun modo vincolante e si può anche scegliere, dopo, di concedersi del tempo per capire cosa fare.

Se vado dallo psicologo vuol dire che sono matto?

Sentire il proprio disagio e riuscire a chiedere aiuto per cercare di comprenderlo e ridurlo sono indicatori di un funzionamento assai più adattivo di quello che porta altre persone a pensare di poter affrontare un momento di particolare difficoltà da sole e, ad esempio, a trascurare per molto tempo la mancanza di appagamento nel proprio vivere quotidiano. Pertanto, quanto al “dallo psicologo ci vanno solo i matti”, nella maggior parte dei casi è vero proprio il contrario. Siamo tutti dotati di capacità potenziali di autoguarigione, nella mente come nel corpo: i tessuti cutanei ad esempio riescono a rimarginare le ferite più superficiali…ma cosa accade con quelle più profonde e dolorose?
Un terapeuta può aiutarci a mobilitare le risorse che possediamo, ma che non abbiamo mai imparato ad utilizzare, per raggiungere uno stato di maggiore benessere psico-fisico.

Quanto dura la terapia psicodinamica?

Non c’è una risposta precisa a questa domanda. L’imprecisione è legata agli obiettivi che si concordano insieme, a come possono cambiare nel tempo, al lavoro che si è disposti a fare. Infatti, sebbene lo psicoterapeuta, sia sempre disponibile ad offrire una sua opinione sull’utilità di continuare o meno un percorso psicoterapeutico, la decisione di iniziare, continuare, sospendere o terminare una terapia spetta solo al paziente.

Con quale frequenza si svolge una terapia?

Solitamente, ci si incontra una volta a settimana. Anche sulla frequenza, però, non ci sono regole fisse ed è possibile variare il numero delle sedute a seconda delle necessità, della fase in cui si trova la terapia e della disponibilità di entrambi. Con una frequenza di una volta a settimana si può lavorare bene nella maggior parte dei casi.

Il terapeuta parla durante le sedute?

Lo psicoterapeuta psicodinamico parla durante le sedute: né paziente, né terapeuta fanno tutto il lavoro da soli. Certamente, ogni seduta è da considerarsi uno “spazio esclusivo” del paziente alla cui “tenuta”, però, concorre anche il lavoro del terapeuta, il quale non parla di sé ma ascolta in silenzio, fa domande per comprendere meglio, o interviene, in vario modo, per facilitare il dispiegarsi del processo terapeutico.

Dovrei realmente dire tutto ciò che mi passa per la testa?

Pensieri o sensazioni che possono sembrare irrilevanti, in realtà, sono spesso finestre sull’inconscio. E’ molto utile, infatti, nelle sedute, cercare di dar voce a tutto ciò che dentro si muove: ai pensieri, alle emozioni, alle sensazioni e ai vissuti che si attivano nel mondo interno in un particolare momento. Paure, timori, credenze apparentemente infondate possono offrire una chiave di lettura importante per comprendere i sintomi e le difficoltà che si stanno vivendo. Esprimerli, in modo meno controllato possibile, si rivela un metodo utile ai fini della psicoterapia.

Posso parlare al terapeuta del nostro rapporto, delle mie paure, dei miei pensieri e dei vissuti che lo riguardano? Potrei dire anche cose negative?

Può sembrare strano, ma è un modo molto utile per divenire maggiormente consapevoli delle proprie modalità relazionali; le aspettative, le rappresentazioni, le fantasie e i timori che si attivano quando ci si accosta agli altri sono tutti elementi che potrebbero, al momento opportuno, divenire oggetto di analisi e rivelare qualcosa della personalità.
Ad esempio, esplorare il motivo per cui si prova rabbia per il terapeuta può essere utile per comprendere perché si prova tale affetto con le altre persone.

Posso essere in terapia psicodinamica ed al contempo prendere le medicine?

Non ci sono incompatibilità tra terapia farmacologica e psicologica in quanto entrambe concorrono, in differenti modi, al benessere della persona, pertanto, se sia terapeuta che paziente credono che dall’assunzione dei farmaci possano derivare benefici concreti, allora è importante consultare uno specialista, magari dopo averne parlato in seduta.

Come mai il mio terapeuta deve sapere tutto di me e io quasi nulla su di lui/lei?

Si potrebbe credere che sapere molto del terapeuta sia utile al paziente, in realtà, è vero proprio il contrario.
Sapere nulla, o quasi, di lui permette al paziente di manifestarsi ed esprimersi liberamente: se, ad esempio, sei arrabbiato con i tuoi genitori perché si sono separati quando eri piccolo, scoprire che il tuo terapeuta è separato, potrebbe renderti più difficile il parlarne liberamente.
Se, poi, il fatto che il terapeuta non parli di sé ti fa sentire frustrato, sarebbe utile dedicare a ciò uno spazio in seduta. Al solito, tutto ciò che genera una reazione emotiva, è importante che venga condiviso.

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